PUNTO di VISTA – Salta l’innalzamento dei limiti 5G: come convivono innovazione e salute pubblica?

Scritto da il 20 Agosto 2023

Di Giuseppe Misuri

 – Salta (per ora) l’innalzamento dei limiti 5G:come convivono innovazione e salute pubblica – 

Nella bozza del decreto già predisposta per il C.D.M del 7 agosto 2023, era presente una proposta di adeguamento dei limiti normativi previsti per i campi elettromagnetici generati dai ripetitori cellulari. La decisione era stata individuata “alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche, nel rispetto delle regole, delle raccomandazioni e delle linee guida dell’Unione Europea”. Il nuovo valore era stato indicato in sede istruttoria in 24V/m, quale media tra i limiti adottati tra gli stessi paesi europei. Di fatto quattro volte superiore a quello stabilito in Italia con la legge quadro 36 del 2001 e il D.P.C.M. dell’8 luglio del 2003 che è di 6 v/m.Tale proposta non è mai arrivata nello stesso C.D.M. forse solo per un rinvio, o per la gran messe di provvedimenti già in agenda. Bisogna tener conto che la responsabilità politica di una tale misura è sicuramente rilevante, anche per la “tradizione” con cui da sempre il tema viene trattato nel nostro Paese, che non a caso, ha i limiti più restrittivi di tutti. Questo stralcio è stato ben visto dagli ambientalisti. Così ha commentato Legambiente: “Ottima notizia, speriamo sia definitiva. L’inutile innalzamento dei limiti creerebbe un clima negativo per la fondamentaledigitalizzazione del Paese”.

Ma come siamo arrivati a tale proposta e come interagirebbe questo innalzamento in termini di sviluppo tecnologico, logistica dei gestori, servizi resi e, soprattutto, salute dei cittadini?

Dal punto di vista dei governi, a partire dal 2003 con il Codice delle Comunicazioni, a seguire nel 2013 con il Decreto del Fare, nel 2020 con il Decreto Cura Italia, si è dato sempre maggior peso ed importanza alle strutture per telecomunicazioni, arrivando agli anni del Covid dove tali impianti sono rientrati, a ragion veduta, in quelli di pubblica utilità. La stessa innovazione tecnologica e l’accresciuto utilizzo di dette strutture per i servizi di connessione dati a maggiori velocità, ha richiesto nuove bande e nuove tecnologie per poter soddisfare le crescenti richieste di trasporto dati. Altrettanto per i nuovi e più numerosi siti di trasmissione nei territori con evidenti costi maggiori per i gestori. E’ proprio nel posizionamento dei siti di trasmissione, oltre che nel numero delle celle, che entrano in gioco i limiti di esposizione, con i valori del campo generato dalle antenne da rispettare verso le popolazione: 6 V/m nelle 24 ore per le abitazioni, 20 V/m nelle 8 ore per ambienti di lavoro. Tali valori indicano, l’energia nello spazio dei segnali elettromagnetici, e si misurano in Volt/m.

Semplificando, se invece di emettere segnali radioelettrici fosse nebulizzata acqua, potremmo pensare ad una “nebbia” più o meno fitta, generata da ogni ripetitore in una area dipendente dalla sua potenza irradiata (e.r.p.),che si “dirada” gradualmente con la lontananza. In campo aperto questa distribuzione sarà uniforme, mentre in aree cittadine e industriali, data la presenza di ostacoli, sarà discontinua e attenuata.Un corpo umano tenderà a “bagnarsi” più velocemente nell’area di nebbia fitta, e più lentamente in quella rada, quindi per arrivare ad un identico valore occorreranno tempi differenti: ecco spiegati i limiti di esposizione in ore indicati.

Tornando ai segnali radio, è facile comprendere che innalzare gli stessi limiti porterebbe da una parte a diminuire il numero dei siti di trasmissione (BTS), aumentandone potenza e numero di antenne, dall’altra a diminuire fortemente la distanza dalle persone, utile nelle città, per quei futuri servizi (5G – 6G o IOT) che necessitano di impianti molto prossimi tra loro. Unendo tutto questo al fatto che con l’attuale normativa i gestori possono chiedere ai comuni l’esproprio dei terreni per le finalità di pubblica utilità, un aumento dei limiti significherebbe per gli stessi avere mano ancora più libera di poter collocare impianti con molta facilità ovunque. Facile pertanto pensare che per favorire la 5G Economy, gli stessi gestori possano in qualche modo aver suggerito questa modifica al Governo.

Rimane però l’aspetto ambientale e sanitario, tanto richiamato negli anni, talvolta anche attraverso spauracchi da “leggenda metropolitana” con nessuna base scientifica: ricordate il 5G che faceva cadere gli uccelli? Novelle a parte, gli studi degli effetti sul corpo umano delle radiazioni non ionizzanti, hanno dimostrato nell’assorbimento termico l’interazione diretta in base al tempo di esposizione: tant’è che tutti i limiti indicati si riferiscono al valore nel tempo. Quello dall’Unione europea è di 61 v/m (indicato dalla Raccomandazione del Consiglio europeo 519 del 1999) nelle 24 ore, mentre l’Italia ha adottato un valore dieci volte inferiore di 6 V/m. Premesso che la prudenza non è mai troppa, relativamente alla interazione con la salute degli utenti-cittadini, occorre anche comunque dare credito alle risultanze degli studi scientifici, per non rinunciare irragionevolmente al progresso tecnologico sulla base di fantasie negazioniste o del consenso politico. L’aver rinviato il provvedimento porta a pensare a quest’ultima ipotesi, anche se averla comunque annunciata in bozza indica che il pensiero già c’è.

Dovremmo quindi essere veramente preoccupati dell’innalzamento di questi limiti?

Da tecnico che opera da decenni nel settore delle telecomunicazioni, dal punto di vista ambientale e sanitario il mio pensiero è no. I 24V/m sono più meno quello che oggi si richiede in ambito lavorativo, cioè 20V/m, considerando anche il tempo di esposizione differente tra i due, senza contare che se uno misurasse il proprio telefonino a pochi centimetri dalla testa, specie in condizioni di scarso segnale delle celle, frutto della lontananza o bassa potenza dei ripetitori, tutto questa discussione non sarebbe nemmeno iniziata. A tale riguardo anche i commenti sui sindaci che allontanavano i ripetitori dai propri territori, in virtù di psicosi nate a caso, costringendo poi i cittadini ad usare i cellulari a piena potenza a causa dei bassi campi delle celle, sono assolutamente superflui.

Il vero problema non è quello ambientale e sanitario, ma il lasciare “mano libera” a gestori che tra qualche anno avranno il dominio completo del trasporto dei nostri dati: tutto passerà nelle loro reti e nelle loro strutture. Non solo i dati dei singoli cittadini, ma quelli di amministrazioni pubbliche ad ogni livello, ministeri, aziende, un monopolio di trasporto che darà agli stessi un potere immenso.Si pensi che attraverso la tanto decantata digitalizzazione, tutto diventerà contenuto web, anche i servizi di informazione, compresi radio e tv,saranno veicolati attraverso tali reti, perché i sistemi radio vanno dove i supporti fisici, cavi e fibre, non arrivano, e quindi più facilmente distribuibili.

Ma siamo poi così certi e tranquilli che tali dati siano sicuri nelle loro sole mani? Che le strade telematiche proposte oggi a prezzi sempre più bassi, domani con il monopolio di pochi non diventino convenienti solo per loro evitando ogni concorrenza? Potranno mai determinare a quel punto quali dati far passare e quali no, e con quale priorità? ( basti pensare di conoscere un secondo prima i dati in borsa di altri…) Il rischio esiste, non possiamo ignorarlo, se estrapoliamo il discorso, a titolo di esempio, alle risorse energetiche in mano di pochi.

Una riflessione anche sulla nota di Legambiente: la digitalizzazione del Paese passa anche e soprattutto dalle strutture radio, in tutte quelle parti dove la fibra non arriva e mai potrà farlo. Vi siete mai chiesti se vedremo gli uomini camminare per strada con i fili di silicio attaccati come Matrix? Ricordando purtroppo gli ultimi eventi di dissesto idrogeologico, dell’inondazione in Emilia Romagna, così come nei terremoti passati, le prime a interrompersi sono state proprio le fibre, e solo attraverso i sistemi radio sono avvenute le prime comunicazioni dei soccorsi e quelle logistiche, che poi per l’enorme richiesta si sono velocemente saturate. Fermo restando costi e monopolio, se l’aumento dei limiti, a mio giudizio anche troppo prudenti, può darci strade di comunicazione migliori e sicure, in un mondo interconnesso dove la nostra vita è quasi tutta online, allora perché non vogliamo andare avanti?

I campi di erba rimarranno verdi lo stesso, la neve sarà sempre bianca e l’aria fresca e pulita dei monti sarà sempre tale: basta non dimenticare che la realtà vera è questa e non quella che scorre attraverso dei bit dentro dei freddi tunnel dell’universo telematico … ma questa è un’altra storia.